Ing. Gianluca MARRONI

Il mio Blog Personale – My Personal Blog

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Topoleone, Sorcia e Diana. 2/?

Topoleone è un gatto maschio di due anni. Viavacissimo e intelligentissimo (almeno a mio parere) ed esemplificativo del mondo felino.

Cosa c’entra con la formazione?

Come sovente accade, stavo scivendo al computer ed il gatto era accoccolato sulla sedia accanto alla mia scrivania. Improvvisamente, scatta verso un mobile della stanza e, apparentemente, cerca di arrampicarsi. Sono rimasto stupito e confuso dal comportamento del gatto fino a che non ho capito da cosa dipendesse. Per pura casualità, il sole si rifletteva lungo la parete del mobile riflettendosi su un oggetto lucido in movimento. Come nei cartoni animati, il gatto si era accorto del movimento e aveva fatto il gatto, ovvero aveva obbedito a ciò che migliaia di anni avevano scritto nella sua mente. Infatti, l’episodio mi ha fatto tornare alla mente quando giocavo a sollecitare l’attenzione del gatto-pro-tempore con gli specchietti riflettenti.

Nel 1995 Daniel Goleman pubblica un interessantissimo libro, “Intelligenza Emotiva”, che viene tradotto e pubblicato in Italia nel 1997 e che, per ragioni che oggi mi sfuggono, finisce nella mia biblioteca di riferimento. Alcuni concetti vengono poi ripresi ed approfonditi nel successivo “Lavorare con Intelligenza Emotiva”, pubblicato nel 1998. Una sistematizzazione delle competenze emotive delle persone e delle caratteristiche dei leader e dei loro stili di comando e di come l’intelligenza emotiva sia importante anche nel mondo del lavoro.

Qualche tempo dopo, cominciai a lavorare -sulla base prevalentemente delle competenze acquisite nel settore dell’addestramento informatico e di esperienze acquisite anche in sede internazionale- presso l’ufficio formazione ed organizzazione dell’importante ente per il quae lavoravo. L’Ente era nel pieno di riorganizzazione ed aveva avviato un mastodontico programma di “formazione manageriale” con il quale intendeva -lodevolmente, devo dire- trasferire alcune competenze ai dirigenti -tutti i dirigenti!- che avrebbero dovuto guidare la trasformazione dell’Ente.

Ciò che non tenne in debito conto al momento della progettazione dell’attività formativa fu sicuramente il fatto che i corsi che si stavano erogando avrebbero dovuto contribuire a cambiare lati caratteriali di persone prevalentemente grandi che invece (proprio in virtù dall’essere riusciti a raggiungere le vette del potere) ritenevano che il proprio modello comportamentale e, conseguentemente, manageriale fosse il più corretto.

Inutile dire che il ciclo di incontri formativi non ebbe un grandissimo risultato se non per un “effetto collaterale” imprevisto: tutti i manager dell’Ente ebbero l’occasione di incontrarsi per alcuni giorni con pari grado che altrimenti non avrebbero incontrato di persona se non in occasione di convegni o conferenze (ozio creativo ante-litteram).

Per quanto riguarda le specifiche competenze che i progettisti immaginavano di aumentare nei partecipanti, il risultato non fu raggiunto proprio perché si cercava di intervenire in pochi giorni su caratteristiche caratteriali ormai da lungo tempo acquisite e sedimentate e proprio per questo quasi connaturate con la persona.

Un po’ come il mio gatto che come vede la luce riflessa muoversi lungo l’armadio scatta cercando di catturarla, proprio come il mio precedente gatto-pro-tempore. Hai voglia a spiegargli che non si può catturare la luce.

Anche per gli umani funziona alla stessa maniera: bisogna tenere conto degli atteggiamenti acquisiti nel corso dei secoli e che ormai fanno parte della nostra costituzione fisica che possono condizionarci sia in senso negativo che positivo…

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