Ing. Gianluca MARRONI

Il mio Blog Personale – My Personal Blog

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Boomer: nato al momento giusto…

Boomer! Ormai se vuoi insultare un sessantenne puoi tirargli dietro questa parolaccia.

Boomer! Nato al momento giusto.

Partiamo da qui. Dal Momento giusto.

Nel mondo imperversava l’influenza asiatica che fece tra 1 e 4 milioni di morti.

Sì, per un piccolino era proprio il momento giusto, non c’è che dire.

E vogliamo parlare delle medicine alla talidomide? Per fortuna i miei abitavano in un paesino sperduto altrimenti mia madre, quando mi aspettava, avrebbe certamente preso quel miracoloso medicinale contro le nausee da gravidanza che -si seppe moi- fece nascere tanti bambini deformi. La Maria Pia, figlia di nostri vicini, è passata attraverso il calvario delle ripetute operazioni plastiche, Svizzera, Francia, Jugoslavia. Ogni volta suo padre vendeva un pezzo di terra. Oggi sono operazioni di routine che si fanno per alzare le chappe flaccide, ma allora … Era proprio il momento giusto.

E che dire di quel paesino sperduto tra Orvieto e Perugia le cui case non avevano riscaldamento, acqua corrente, elettricità? In cui la pipì si faceva nel pitale che la mattina successiva si svuotava nella letamaia. Che se fuori faceva più freddo del solito, si congelava nel pitale e dovevi aspettare che si sciogliesse… Per fortuna i ricordi di infanzia si perdono nel tempo, altrimenti quell’odore sarebbe rimasto nel naso. Proprio il momento giusto.

Come Celentano ne “Il ragazzo della Via Gluck”. Forse perché in casa non avevamo il riscaldamento che le mie polmoniti si alternavano con le broncopolmoniti. Il ricovero in ospedale? No, costava troppo e neanche noi -che all’epoca eravamo considerati benestanti- ce lo petevamo permettere sino a che una volta dovetti stare quaranta giorni in ospedale per consentirmi ai dottori di tenermi da questa parte. I miei hanno pagato il ricovero fino a quando ho portati calzoni corti. Proprio il momento giusto.

E poi arrivò il benessere! Mio padre aveva alcuni poderi affittati a delle famiglie contadine che improvvisamente si misero tutte in cammino verso la Svizzera per lavorare nelle fabbriche di cioccolato o verso il Belgio a, per dirla con Jannicci, cagare nelle miniere. Sì, ma noi avevamo le terre. Le terre, se non le lavori, non danno ricavi e mio padre da solo non poteva condurre cinque poderi. Alcuni raccolti marcirono. Molti animali dovette venderli. Chiese dei prestiti in banca per comprare trattori e mietitrebbie per poter stare dalla notte alla notte nei campi. Poi esce sempre fuori il cognato incosciente che ti chiede un avallo di una cambiale e non la paga. Protestano te che hai fatto l’avallo, mica solo lui. E già che ci sono ti telefona il banchiere del paese: “domani venga in ufficio”. Chissà cosa vorrà? “So che ha avallato un credito di suo cognato che è andato in protesto. Non è così che si fa. Il suo fido è ritirato con effetto immediato e dovrà rientrare entro una settimana di tutte le esposizioni”. Tu sei bambino, anche se sei nato al momento giusto e non ti rendi perché sono venuti a prendere il trattore, il camion, la mietitrebbia. Non comprendi perché tua madre sta sempre a piangere.

Il tempo è così bello fuori che veniamo scacciati di casa e torniamo a casa di mia nonna, dove non c’era l’acqua corrente, non c’era il riscaldamento se non quello con il prete, che consiste nel mettere nel letto un po’ di brace bollente e sperare che la casa non vada a fuoco. Anche a casa della nonna abbiamo solo il bagno di ferro smaltato, la corrente va e viene, la sera si va a letto presto perché se si tiene caldo in cucina poi non si può scaldare la camera da letto. E poi la luce costa e la televisione non c’è. Proprio il momento giusto per venire al mondo. Finché un bel giorno tua madre trova un lavoro da cameriera in un’ambasciata a Roma e tuo padre comincia a lavorare guidando il camion su e giù per l’Italia.

“Tra qualche giorno vi torniamo a prendere e andremo tutti nella casa che ci daranno quando potremo avere quel portierato.” A Roma c’è il boom economico, i palazzi nascono come funghi dopo il temporale. Sì, è davvero il momento giusto per essere a Roma. Peccato che per prendere il porteriato bisogna pagare un intermediario e i miei, i soldi non li hanno. Però hanno tanti buffi. Bisogna mettere da parte 600.000 lire dei tempi che sarebbero 10.000€ di oggi. Solo che prima che li metti da parte quei soldi… Solo che con 600.000 si dava l’anticipo per una casa di quattro camere. Per farla breve, tranne qualche volta che nostro padre passava a trovarci, noi per più di due anni non abbiamo visto i genitori, troppo indaffarati a spezzarsi le reni per poter fare un viaggio fino a Perugia.

Capirai, Perugia… Già, ma se non hai una macchina per andare da Roma a Perugia servivano 6-7 ore e poi 6-7 per rientrare e non ti basta la giornata libera per andare e tornare e poi quegli stronzi dell’ambasciata fanno i ricevimenti la domenica e non ti danno il giorno. Così siamo stati per più di due anni con la nonna e lo zio. Che era talmente altruista da farsi carico dei figli della sorella e della propria madre trascurando i concorsi magistrali. Certo, a Perugia, nei primi anni sessanta, faceva freddo. Avevamo spesso la neve sotto casa. Qualche volta avevamo anche i piedi a mollo nel Tevere perché allora il Tevere le faceva eccome, le piene. E tu guardavi fuori della finestra insieme con tuo fratello per capire cosa succedesse. Perché dalla nostra casa la piena non si vede, si sente. Un rumore di fondo come un autotreno in salita. Quando la vedi è perché ti è quasi arrivata dentro casa. Proprio il momento giusto.

E tu che fai ancora la pipì a letto perché qualche idiota ti ha detto che i vostri genitori non vi vogliono più vedere e stare con lo zio (maestro elementare) e la nonna è l’unico modo di evitare l’orfanatrofio. Proprio il momento giusto.

Anche lo zio, però, non ce la fa a mandare il podere avanti da solo. Poi suo padre ha voluto che diventasse maestro per salire la scala sociale. mica per fare il contadino. Allora sai che facciamo? Affittiamo il podere. Ed ecco che un giorno si presenta un camion pieno di masserizie e un muratore divide in due la nostra casa. Per fortuna arriva anche qualche bambino, Giuliano, la Giovanna, a spezzare la nostra solitudine. E tu puoi fare anche qualche gioco insieme a loro e con gli animali. Il cane “Vespa”, i conigli, le galline, ma soprattutto le mucche che ti danno il latte appena munto. Buono, denso, mica come quello austriaco che riempe i discount dei nostri giorni.

Sei, incredibilmente, felice.

Poi, un bel giorno, arriva la triste notizia: abbiamo un portierato e andremo tutti a Roma. C’è il camion di tuo padre da caricare delle nostre poche cose e via. Un modo di viaggiare un po’ particolare, quello sul camion. Primo perché a marzo del 1963 fa ancora freddo e i camion di allora non hanno il riscaldamento ma solo un canale interno che gli autisti autilizzavano per accedere, in caso di emergenza, direttamente al motore. Se ti ci sedevi sopra a cavalcioni, allora stavi al calduccio. Nessuna cintura di sicurezza, una pioggia insistente per tutto il viaggio. E io, bambino incosciente, che non ho capito cosa stesse veramente per succedere, decanto ai miei la bellezza della nascita del vitellino del nostro contadino. “Domani, quando torniamo su, ve lo faccio vedere io il vitellino di Scappino”. E non riuscivo a capire perché mia madre piangesse, mio padre fosse troppo concentrato sulla guida e mio fratello, come al solito, muto.

Sono passati più di sessant’anni da allora, eppure questa storia del vitellino di Scappino ogni tanto esce fuori. Ma proprio da novello ragazzo della via Gluck, ho messo da parte, grazie anche a mia moglie, denari sufficienti per ricomprare il podere di mio nonno. Ma proprio come lui: “Passano gli anni, ma otto son lunghi, però quel ragazzo ne ha fatta di strada. Ma non si scorda la sua prima casa Ora coi soldi lui può comperarla Torna e non trova gli amici che aveva…” ma soprattutto tanta invidia e cattiveria da parte dei vicini. E anche degli estranei che ti inseriscono nella categoria del “boomer”.

1/ … – Segue

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