Ing. Gianluca MARRONI

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Pillole di esperienzaProfessionale

No, piccolo non è bello (5092.01)

Da molto tempo risuona nelle orecchie un mantra che in Italia è diventata una vera e propria filosofia e che sotto certi punti di vista poteva essere vero fino al momento della globalizzazione: “Piccolo è bello”. Con questo riferendosi non solo ai telefonini 2G ma alla dimensione delle aziende manifatturiere – ma non solo – Italiane.

Ancora una volta, rischiamo di fare la fine della rana bollita e di accorgerci del problema quando non è più risolvibile.

Ma andiamo con ordine.

Per lungo tempo l’Italia è stata, insieme a Francia e Germania, la manifattura d’Europa. Ciò è avvenuto potendo contare su una mini-globalizzazione all’interno della CEE (Comunità Economica Europea) prima e dell’ UE (Unione Europea) dopo. La ricerca veniva effettuata nei paesi più avanzati ed in Italia venivano effettuate le produzioni, a livello più o meno qualificato. Le nostre aziende manifatturiere hanno potuto comportarsi per lungo tempo come vere e proprie succursali delle case madri. Si aggiunga a questo che la forte emigrazione Italiana verso i paesi più industrializzati d’Europa poneva a carico di questi una grande questione sociale: “Che fare di questi immigrati?”. In alcuni casi si è trovato che un “aiutiamoli a casa loro” ante litteram poteva creare meno problemi sia dal punto di vista organizzativo che sociale. Tra le altre cose, proprio come nella globalizzazione di cui ancora non si immaginava, restare a casa propria significava ottenere stipendi più bassi. Un operaio Italiano, a parità di lavoro, otteneva uno stipendio più basso di un parigrado Tedesco o Francese. Ci siamo cullati nell’illusione che questo sarebbe per sempre ed abbiamo organizzato la nostra manifattura come fornitore tezista di economie più forti della nostra, rinunciando a competere sulle dimensioni.

Non era tutto così, per fortuna. C’erano anche in Italia delle eccellenti grandi aziende: FIAT, Teksid, Benelli, Marcegaglia, Olivetti, ecc. C’erano anche delle vere e proprie eccellenze di dimensioni intermedie: Nuovo Pignone (pompe per oleodotti), GD (macchine per confezionamento sigarette), ecc. che erano in grado di camminare sulle proprie gambe.

Quello che invece ci ha letteralmente fatto perdere di vista la realtà è stata certamente l’epopea del distretto: tante piccole aziende che fanno più o meno la stessa in una ristretta zona geografica. Il distretto dell’occhialeria in Veneto, il distretto delle scarpe nelle Marche, il distretto della ceramica nell’Emilia come pure il distretto dei motori nella stessa Romagna. Abbiamo perso di vista la composizione numerica di queste aziende: Piccole, ma soprattutto, senza una vera ed autonoma visione del futuro. Che sono sopravvissute sull’innovazione portata da altri. Perché da noi non si è mai fatta vera innovazione né di prodotto né di processo.

Con un’aggravante. Che la disponibilità di mano d’opera a basso costo nei paesi -a solo titolo di esempio- del Sud-Est asiatico o nei paesi dell’ex blocco sovieto, hanno dirottato verso di essi la produzione manifatturiera. Oggi è raro che il Made in Italy sia fabbricato davvero in Italia. Forse si può dire Made In Italy grazie a particolari artifici contabili di tipo doganale, ma le mani di chi cuce la gran parte dei vestiti sono prevalentemente del Sud-Est Asiatico.

Le poche aziende avanzate tecnologicamente che erano presenti sul nostro territorio, pian piano hanno abbandonato la produzione perché spiazzate dall’innovazione tecnologica. All’inizio della rivoluzione cellulare, l’Italia si gloriava di essere il Paese con la maggiore diffusione dei telefonini. Ma quanti di questi erano costruiti in Italia? Già perché il mantra secondario molto di moda in quei ruggenti anni 90 era: il futuro è nei servizi. Da noi si farà la pubblicità, la finanza, il marketing, bla, bla, e negli altri paesi si sporcheranno le mani con i lavori umili….

Poi, orrore, abbiamo scoperto che ai Brasiliani o ai Messicani la merce di alta marca -qualunque merce- importava poco rispetto all’avere la merce. Le autovetture di fascia bassa potevano prodotte in Cina funzionavano proprio come quelle prodotte in Europa e in alcuni casi erano più adatte alle esigenze locali. Abbiamo lasciato che il Sud del Mondo si appropriasse delle nostre tecnologie senza colpo ferire e guardiamo distaccati al crescere dei BRICS quasi come non ci riguardassero…

Riusciremo a prendere provvedimenti prima di bollire definitivamente?

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